Farmaci antitrombotici e rischio di ematoma subdurale


L’incidenza degli ematomi subdurali, segnalata essere in aumento, è associata a un impiego crescente di farmaci antitrombotici.

L’ematoma subdurale, un’emorragia intracranica localizzata sotto la membrana durale e al di sopra della superficie del cervello, può essere classificata in due categorie, entrambe di origine generalmente traumatica: ematoma subdurale acuto e ematoma subacuto o cronico.
L’ematoma subdurale acuto è più frequentemente associato a gravi traumi e di solito diventa clinicamente evidente entro le 72 ore seguenti, mentre la forma cronica è in genere rilevata settimane o mesi dopo un trauma relativamente modesto, come le cadute che di solito colpiscono le persone anziane.
A partire dagli anni ‘80, studi avevano evidenziato un aumento dell’incidenza di questa patologia, sia in Europa che negli Stati Uniti, con un ulteriore incremento a causa dell’invecchiamento della popolazione.

Sebbene l’impiego di antitrombotici fosse da tempo riconosciuto come un fattore di rischio, gli studi condotti in precedenza si erano basati solo su pazienti con ematoma subdurale, senza far riferimento a nessun gruppo di confronto o focalizzandosi esclusivamente su pazienti trattati con un anticoagulante.

In uno studio, le analisi caso-controllo e descrittive sono state effettuate basandosi sui dati relativi alla popolazione nazionale e regionale in Danimarca.
Sono stati presi in esame 10.010 casi di ematoma subdurale, assumendo come periodo di riferimento gli anni dal 2000 al 2015.

L’obiettivo dello studio era quello di fornire stime aggiornate circa il rischio di ematoma subdurale associato all’uso di antitrombotici, analizzando le tendenze prescrittive più recenti.

Dei 10.010 casi di ematoma subdurale considerati, 3.462 riguardavano donne ( 34.6% ) e l’età media era di 69.2 anni.
L’assunzione di antitrombotici, complessivamente, ha interessato il 47.3% dei casi, mentre la mortalità a 30 giorni si è verificata nel 16.1% dei pazienti.

Tra i casi di ematoma subdurale sono state osservate, per alcuni disturbi, frequenze più elevate di comorbilità, in particolare per quanto riguarda le malattie indicative di una assunzione elevata di alcol ( 17.6% dei casi versus 4.6% dei controlli ), l’ipertensione ( 54.0% vs 46.3% ), ictus ( 14.2% vs 6.8% ), epilessia ( 6.6% vs 1.8% ), demenza ( 5.8% vs 2.7% ), insufficienza renale cronica ( 2.9% vs 1.5% ), malattia epatica cronica ( 2.6% vs 1.0% ) e coagulopatia ( 0.5% vs 0.2% ).

Il rischio di ematoma subdurale è risultato significativo se associato all’uso di antitrombotici, in particolare gli antagonisti della vitamina K ( odds ratio, OR=3.69 ).
Le probabilità più alte, maggiori nelle donne che negli uomini e soprattutto tra i pazienti più anziani, sono state associate all’uso combinato di un antagonista della vitamina K e un antiaggregante.
Il rischio di ematoma subdurale associato al concomitante uso di antitrombotici è infatti variabile tra i diversi regimi: basso con l’uso concomitante di Aspirina ( Acido Acetilsalicilico ) a basso dosaggio e Dipiridamolo, moderato nel caso di Clopidogrel e un anticoagulante orale diretto, elevato quando un antagonista della vitamina K è assunto in concomitanza con un antiaggregante.
Il maggior ricorso a questi farmaci è stato correlato all’aumento dell’incidenza degli ematomi subdurali, da 10.9 casi su 100.000 persone nel 2000 a 19.0 nel 2015.
L’ematoma subdurale, inoltre, nel caso di utilizzo di tali medicinali si è rivelato più frequentemente fatale.

Nel periodo studiato, è stata riscontrata una crescita dell’incidenza dell’ematoma subdurale, in particolare tra i pazienti di età compresa tra i 75 e gli 89 anni. ( Xagena_2017 )

Fonte: JAMA, 2017

Xagena_Medicina_2017